La lettera inviata da Francesco Lorenzo Pullé nel 1926 al consigliere comunale Giuseppe Simonini con l’obiettivo di mantenere intatti gli spazi fino ad allora riservati al Museo Indiano, si rivelò necessaria a causa delle rinnovate richieste del direttore della Biblioteca dell’Archiginnasio Albano Sorbelli, che insisteva per ottenere alcune sale ancora nella disponibilità di Pullé allo scopo di utilizzarle per la Biblioteca. La prevedibile opposizione del professore di sanscrito alla volontà del bibliotecario era attenuata nella sua efficacia dalla condizione in cui si trovava al momento in cui scrisse la lettera, ormai in pensione e privo quindi di incarichi accademici. A vantaggio dei posteri, la puntuale spiegazione delle ragioni a motivo del suo rifiuto a cedere gli spazi del Museo è corredata anche dalla seconda pianta del Museo Indiano, basata sui ricordi del professore di sanscrito e redatta a mano, accanto alla quale Pullé unì un breve articolo riferito alla collezione di oggetti d’arte asiatica del collega orientalista Carlo Puini. Differente dalla pianta originale (vedi sotto), si è rivelata ancor più utile per essere confrontata con l’inventario del 1937 che presenta l’intera collezione secondo la disposizione stanza per stanza degli oggetti e a cui si fa riferimento nelle sale della nostra esposizione.

Le sale 9 e 10, intitolate da Pullé Storia delle religioni indiane e Storia delle religioni sino-giapponesi (v. sala 9-10), occupano secondo la pianta un’area più vasta e solo in parte corrispondente alla sala prima nota come Tribuna degli oggetti d’arte. Gli inventari della collezione risalenti alla fine degli anni Trenta, grazie ai quali fu divisa l’intera collezione del Museo Indiano, riportano per le due stanze i numeri 3 e 4. La differenza tra i numeri con cui si identificano le stesse sale potrebbe indicare che Pullé preferisse raggiungere l’ex Tribuna degli oggetti d’arte al termine del percorso espositivo, per prima condurre il pubblico attraverso le altre stanze del Museo e giungere nuovamente nel vestibolo a conclusione della visita. Nella pianta disegnata dal professore si nota in questa zona la comparsa del Gabinetto Africa, lasciata senza alcun nome nella pianta originale. Di seguito, indicata con il numero 5 negli inventari, in entrambe le piante stilate la sala dedicata all’Architettura e Scultura (v. sala 4), posta a destra del Gabinetto Africa, apriva quindi il percorso espositivo del Museo Indiano riferito al continente asiatico, secondo quanto ipotizzato sulla base della pianta del 1926. Le sale intitolate Camera indiana (v. sala 5) e Camera cinese e trono, sostituiscono qui rispettivamente le stanze in precedenza riservate alle arti figurative e all’etnografia. Quest’ultima stanza (v. sala 7), nella pianta pubblicata sopra è posizionata accanto alla stanza dei manoscritti (v. sala 8), mentre nell’esposizione iniziale lo spazio era dedicato alle carte geografiche raccolte da Pullé nel corso della sua carriera, più tardi posizionate lungo la Galleria del Museo, indicata con il numero 11 nel disegno realizzato da Pullé.
La pianta manoscritta del 1926 si dimostra efficace per comprendere compiutamente gli inventari risalenti al 1937, sebbene vi siano diversità nella numerazione delle sale fra i due documenti. Le differenze tra le due piante sembrano invece legate agli incrementi della collezione del Museo Indiano, che diedero vita a una nuova collocazione di specifiche raccolte in stanze prima occupate da oggetti spostati altrove, per avere migliore occasione di esporre un patrimonio accresciuto dalle acquisizioni avvenute a partire dal 1908 grazie alla raccolta Pellegrinelli, e tramite il legato Pepoli del 1914 (vedi: Raccolta Pellegrinelli), oltre ai prestiti e agli incrementi dovuti ai rapporti di Francesco Lorenzo Pullé con privati cittadini.
